L’origine del KARATЀ-DO che letteralmente significa "Via della mano vuota" (DO="via", TE="mano" e KARA="vuota") è una disciplina che risale a più di mille anni fa quando il Monaco
Buddista BODHIDARMA giunse dall’India
in Cina e lì fondò il Tempio di SHAOLIN, tuttora esistente e mèta di milioni di visitatori e praticanti.
Bodhidharma ideò per i suoi allievi monaci un severo metodo di addestramento psicofisico (basato sui principi dello Yoga) allo scopo di dotarli della resistenza e delle forze necessari per reggere la rigida disciplina a cui erano sottoposti.
Questo metodo di allenamento si trasformò poi in una eccezionale forma di combattimento (chiamato SHAOLIN, poi anche KUNG-FU) che permetteva ai monaci di difendersi efficacemente ogniqualvolta venivano attaccati dai predoni che infestavano quei luoghi.
Questa Arte Marziale si diffuse successivamente nelle Isole del GIAPPONE Meridionale e in particolare a Kyushu e ad OKINAWA.
A seguito delle leggi emanate dai feudatari locali che proibivano l’uso delle armi, si sviluppò e si praticò per secoli una forma di combattimento SENZA ARMI che GICHIN FUNAKOSHI, il moderno padre e maestro di quest’ arte(morì nel 1957 all’età di 88 anni), chiamò KARATЀ proprio a significare, letteralmente, "Mano Vuota".
Il Maestro Funakoshi stabilì i criteri stilistici dello stile SHOTOKAN nel 1936 e nel 1955 fondò la JAPAN KARATЀ ASSOCIATION (JKA) e così il
KARATЀ-DO Tradizionale stile SHOTOKAN si diffuse in tutto il mondo.
Per Funakoshi il KARATЀ-DO è sì un’arte marziale,
ma anche un modo per plasmare il proprio carattere; egli infatti scrisse : " [...] chi si accinge a praticare il KARATЀ-DO deve rendere il proprio spirito vuoto (KARA) da ogni egoismo e malvagità, nello sforzo di reagire adeguatamente a qualunque ostacolo egli possa incontrare".
L’antica e Nobile Arte Marziale di Okinawa si è oggi evoluta e trasformata non solo in un efficacissimo mezzo di difesa personale ma anche in uno sport agonistico entusiasmante e in un completo sistema educativo/ formativo della Persona .
Il KARATЀ-DO Tradizionale, infatti, ha come regola fondamentale il Rispetto per l’ "avversario" e per tutti.
Ogni gesto ha un significato preciso e porta il praticante, gradualmente, ad avere più
consapevolezza dei propri limiti e dei propri difetti, diventando così più tollerante nei confronti del prossimo. Contemporaneamente, il praticante diventa anche più consapevole delle proprie potenzialità e dei propri pregi acquisendo più Sicurezza e Autostima, diventando per questo meno aggressivo .
Il fine del KARATЀ-DO non consiste tanto nel vincere gli altri quanto nel VINCERE IL NEMICO CHE Ѐ IN NOI .
LA STORIA DEL KARATЀ
La fotografia di Gichin Funakoshi è appesa alla parete principale di molti dojo europei di karate di differenti scuole. La sua immagine è spesso associata a quella del karate, sebbene non sia stato lui a idearlo, ma grazie a lui si è diffuso in tutto il mondo.
Gli ideogrammi della parola Karatè-do:
KARA="vuota"TE="mano" e DO="via";
nella lingua giapponese si leggono da destra verso sinistra, pertanto il significato letterale sarà: "La via della mano vuota".
La lezione del M° D'Urso durante uno stage unificato.